LA GRANDE ILLUSIONE – Stati ipnotici e pensiero gregario

DATA:
31 maggio 2025 dalle 14.30 alle 18.30
1 giugno 2025 dalle 9.30 alle 16.00
CONDUCE:
Sauro Tronconi
SEDE:
c/o Espande Trieste, via del Coroneo 15
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONE (obbligatoria):
telefona al +39 334 5603925 (Ariella) o anche con WhatsApp / sms
APPROFONDIMENTO:
Nessun individuo nasce in un vuoto culturale: ognuno di noi apre gli occhi già immerso in una trama di simboli, miti, aspettative – una “grande illusione” collettiva che definisce le coordinate di ciò che riteniamo reale e possibile. Essa è sedimentata in memi che affondano nel passato profondo, sopravvivenze psichiche che passano di generazione in generazione come catene invisibili. Di per sé la trama memetica è neutra; diventa insidiosa quando, invece di orientarci, ci ipnotizza al punto da sostituirsi alla nostra facoltà di scelta.
L’essere umano possiede, per ragioni evolutive, una spiccata propensione allo stato ipnotico: delegare processi decisionali all’automatismo ha garantito rapidità di risposta, coesione del branco, risparmio energetico. Ma quando l’automatismo si estende al dominio dell’interiorità, l’“Uomo automatico” riduce la coscienza a un termostato emotivo che scatta su impulsi programmati dal contesto. La libertà, anziché coltivarsi, viene congelata in nome dell’efficienza adattativa; l’ipnosi diventa auto-ipnosi, e la catena dei memi si rinsalda.
Il pensiero gregario nasce dal vivere-insieme, ma si cronicizza quando abdichiamo alla responsabilità di pensare. Nell’era digitale, la delega cognitiva non riguarda più solo il leader carismatico o il gruppo di appartenenza: viene estesa alle interfacce opache di tecnologie e algoritmi che profilano desideri e paure meglio di quanto li conosciamo noi stessi. Il “sonno funzionale” che ne deriva è comodo: solleva dall’angoscia dell’incertezza, promette sicurezza identitaria, fornisce scorciatoie decisionali. Il prezzo nascosto è la contrazione del potenziale critico e creativo.
Quando la visione del mondo è incanalata in binari precostituiti, il discorso interiore perde profondità dialettica. Il linguaggio si semplifica, le categorie emotive si appiattiscono, il bisogno di appartenenza sostituisce il bisogno di verità. È la regressione dal pensiero speculativo al riflesso condizionato; un’infantilizzazione che riduce l’esistenza a consumo di stimoli facilmente digeribili. La confusione tra desiderio autentico e desiderio indotto annulla il gusto della complessità e, con esso, la nostra capacità di meraviglia.
La dialettica tra sicurezza e libertà – tra bisogno di un abbraccio collettivo e aspirazione all’autonomia – non si risolve con la fuga in un eremo né con l’abbandono alla massa. Si trascende soltanto integrando: misurando la forza dei legami alla luce di una coscienza vigile che sa godere dell’appartenenza senza sottomettersi ad essa.
Spezzare la grande illusione non significa demolire ogni tradizione o rigettare la convivialità umana; significa disincantare l’incanto, restituendo trasparenza alle strutture che ci tengono insieme. L’ipnosi non sparirà – fa parte della nostra architettura cerebrale – ma possiamo trasformarla in immaginazione consapevole, capace di generare visioni in cui il singolo non sia un ingranaggio sostituibile, bensì un centro di iniziativa viva.
In un’epoca in cui i dispositivi pensano per noi e il pensiero gregario offre rifugio dallo smarrimento, il gesto più radicale è esercitare la propria veglia creativa: scegliere, di momento in momento, se accettare la versione prefabbricata della realtà o se avventurarsi a costruirne una in cui la libertà non sia illusoria, ma palpabile e condivisa. È una scommessa faticosa, certo, ma nulla di meno potrebbe dirsi pienamente umano.